Friday for Future, ripartire da Zero

Sono tornati in piazza i movimenti ambientalisti per l’appuntamento “Friday for Future”. A Lipsia migliaia di giovani hanno riempito il Ring di musica e slogan. 

di Marianna Di Marzio

Ci ha pensato la guerra a rimettere al centro dell’agenda politica europea il tema energetico, ma in una direzione contraria a quella sperata: la crisi dovuta al conflitto tra Russia e Ucraina allontana gli obiettivi di riduzione delle emissioni, frena la dismissione del carbone, riapre all’ipotesi del nucleare. Quanto al gas, la recentissima proposta della Commissione europea non punta a ridurre i consumi ma solo a cambiare fornitore: non più Mosca, ma Washington.

Il decimo sciopero globale per il clima, indetto per il 25 marzo 2022, arriva dopo un anno in cui in Germania si è registrato un aumento delle emissioni. Nel 2021 sono stati rilasciate nell’ambiente 33 milioni di tonnellate di gas nocivi, il 4,5 per cento in più rispetto all’anno precedente.  Certo, è il 37,8 per cento in meno rispetto al 1990, ma l’impegno preso dai precedenti governi e confermato dall’attuale coalizione – arrivare al 40 per cento in meno entro il 2020 – è stato nuovamente disatteso.

———-> come la Germania ha utilizzato le fonti energetiche nel 2021

Lo sciopero globale arriva anche quando il governo Scholz compie i suoi primi cento giorni, con un bilancio che gli ambientalisti e le ambientaliste considerano negativo. Friday for Future chiedeva che il governo, nei suoi primi cento giorni, si impegnasse tra le altre cose a ridurre gradualmente l’utilizzo del gas naturale per arrivare alla sua eliminazione entro il 2035, ma per adesso non è così.

Intervistata da Klimareporter, la portavoce di Friday for Future Elisa Baş è molto netta nella sua critica al governo. “Die Ampelregierung hat kein Krisenbewusstsein. Sie erkennt nicht konsequent an, dass die 1,5-Grad-Grenze unser Maßstab sein muss. Das zeigt sich etwa daran, dass sie leicht umsetzbare Maßnahmen nicht beschließt: Es gibt kein Tempolimit und mit Lützerath im Rheinland könnte weiterhin ein Dorf für den Kohleabbau abgebaggert werden. Oder die Ostseepipeline Nord Stream 2: Es brauchte einen Krieg in Europa, damit unser Bundeskanzler die Erdgasleitung gestoppt hat. Und das bei einer vermeintlichen Klimaregierung und einem selbst ernannten Klimakanzler“.

Baş sottolinea due dei temi su cui ambientalisti e ambientaliste hanno lavorato nell’ultimo anno: uno riguarda i limiti di velocità su strade e autostrade che non sono stati inseriti nell’accordo di coalizione, l’altro invece riguarda l’ampliamento di un impianto di estrazione del carbone che minaccia l’esistenza di un villaggio. Ma a scorrere il “riassunto” dell’anno appena trascorso fatto da Friday for Future, si ha l’impressione che i movimenti siano andati molto più avanti del governo e dei decisori politici, e questo nonostante la pandemia e la difficoltà a costruire fisicamente percorsi collettivi.

L’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina e la guerra che ne è scaturita rischiano di diventare un alibi per attuare scelte negative per il clima. Come sottolinea Luisa Neubauer, tra le fondatrici di Fruday for Future, “se tu , come ministro dell’Economia Robert Habeck , vuoi allontanarti dal gas di Putin e devi recarti in Qatar per farlo, ti trovi di fronte a un problema di sistema. In entrambi i casi finanziamo gli oppositori della democrazia e aumentiamo il rischio di un collasso climatico”.

Ma Robert Habeck ha indicato chiaramente le priorità del governo: prima l’approvvigionamento, poi la protezione del clima. Una scelta che non trova concorde nessuno dei movimenti ambientalisti tedeschi, nemmeno quelli più storicamente legati all’esperienza politica dei Grünen. A ricucire la frattura non basta nemmeno l’ultimo pacchetto di aiuti per l’energia varato dal governo, che prevede sì facilitazioni per il trasporto pubblico come il biglietto mensile a 9 euro (misura peraltro contestata per le difficoltà di attuazione), ma al contempo “premia” gli automobilisti con uno sconto sul carburante.

Lo sciopero globale del clima è in sostanza un prodotto della politica“, accusa Elisa Baş”.  “Siamo in sciopero perché dobbiamo continuare a spingere. Il governo è impegnato nella protezione del clima, ma c’è una chiara discrepanza tra realtà e parole“.

“Farsi sentire” è stato lo slogan di questo 25 marzo. Ora la parola passa di nuovo al governo.

 

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